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Infanzia e Vocazione (Madrid 1890-1920)

1890



4 febbraio
Josefa MENENDEZ nasce a Madrid da Leonardo
Menendez e Lucia del Moral, dopo Francisco (morto in tenera età), seguiranno Mercedes, Carmen, Angela e Leonardito (morto a pochi mesi). Josefa si ritrova così la maggiore di 4 figlie.

9 febbraio
Battesimo nella chiesa di San Lorenzo, con il nome di Maria Josefa

1895 – Cresima

Josefa vive un’infanzia felice, con tre sorelle più giovani di lei, in una famiglia cristiana ed unita, in un’atmosfera di fede, di lavoro, di gioia e di carità.

1897

3 ottobre
Prima confessione


“Ah! Se avessi ancora la stessa contrizione di quel giorno !”

Padre Rubio, gesuita, è il padre spirituale di Josefa (morto il 2 maggio 1929 e canonizzato il 4 maggio 2003).
Molto devoto al Sacro Cuore seppe comunicare questa devozione a Josefa. Ricevette le sue prime confidenze e, colpito dalla sua apertura a Dio, la iniziò ad una vita spirituale adattata alla sua età.
Le insegnò a cospargere le sue giornate di piccole orazioni giaculatorie. La bambina si abituò così, poco a poco ad intrattenersi con l’Ospite divino…
La formò pure all’esame di coscienza.

Appena ebbe 10 anni, Padre Rubio volle iniziarla all’orazione e gli offrì “el cuarto de hora de Santa Teresa” (il quarto d’ora di Santa Teresa), libro di meditazioni semplici e corte di cui Josefa si dilettava.
Il suo Direttore spirituale le spiegava come doveva servirsene:

Josefa dirà più tardi:

“dovevo leggere attentamente e fermarmi dopo ogni brano per dire tre volte: ‘Bambin Gesù, ti amo …’ poi Gli parlavo di tutto.. Il mio confessore mi diceva, sorridendo, di continuare così.”

Poi prendeva una piccola risoluzione pratica per la giornata.:
essere buona con le sorelle, non rispondere quando veniva repressa, privarsi di caramelle: felice dei suoi ingenui colloqui con Gesù, la bambina pensava: "Io, sarò a Gesù; ma, dice, non sapevo come ciò sarebbe avvenuto..."

“Signore, da oggi sono tua per sempre”

1901

16/18 marzo
Ritiro dalle Riparatrici per preparare la Prima comunione

19 marzo
Prima comunione: PROMESSA DI VERGINITÀ

Più tardi, per ubbidienza, scrisse alcuni particolari a proposito della prima visita di Gesù e del ritiro che precedette.

“Come Gesù fece il suo primo invito al mio cuore” fù il titolo delle sue note :

  • “Il primo giorno, scrive Josefa, feci una meditazione sulle parole : ‘Gesù vuole venire da me perché io sia tutta Sua’.
    Ne fui molto lieta perché avevo un gran desiderio di essere tutta di Gesù, ma non sapevo cosa dovevo fare per questo. Una Madre (Riparatrice) mi disse che se ero molto brava, sarei così sempre di Gesù”;
  • “Il secondo giorno la meditazione aveva come tema : ‘Gesù, Sposo delle vergini, si compiace nelle anime pure ed innocenti."

    Mi sembrò che tutto diventava molto chiaro in me, e pensavo che essendo la sua sposa, sarei stata tutta Sua, perché vedevo che mamma era tutta di papà, perché sua sposa.
    E così mi dicevo che essendo vergine, sarei di Gesù. Non capivo che cosa significasse essere vergine, ma promisi sinceramente di essere di Gesù e passai tutto il giorno a dirgli questa preghiera:

Si, Gesù mio, sarò sempre vergine perché sarai il mio Sposo, e così sarò sempre tua.’

La sera, alla benedizione del Santissimo Sacramento, feci una piccola consecrazione al Bambin Gesù e Gli chiesi, con fervore, di insegnarmi ad essere sempre Sua; mi dicevo che presto l’avrei ricevuto nel mio cuore e che sarebbe stato tutto mio. Come ero felice ! .. In quel mentre, sentii una voce che non dimenticherò mai e che si fissò nell’intimo del mio animo :

“Si, figlia cara, voglio che tu sia tutta mia!”

"Non posso esprimere quel che provai, ma uscii dalla cappella decisa di essere molto buona … Non sapevo allora cosa era la vocazione, ma sentivo in me qualche cosa di speciale che non mi ha mai più abbandonata fino a quando ho finalmente capito cosa era questa grande grazia.”
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il terzo giorno, 18 marzo, rinnovai la mia promessa.

il 19 marzo, festa di San Giuseppe, mio patrono, giorno della mia Prima Comunione, feci questa piccola consecrazione che uscì dal profondo del mio animo. La scrissi ed ogni volta che ricevevo la Comunione, la ripetevo a Nostro Signore perché M’insegnasse ad essere tutta Sua.

“In questo giorno, 19 marzo 1901, prometto davanti al Cielo e alla terra, prendendo a testimoni mia Madre, la Vergine Santissima e mio Padre ed Avvocato San Giuseppe, di mantenere sempre la preziosa virtù della verginità, avendo come unico desiderio quello di piacere al mio Gesù, e come solo timore quello di dispiacergli: Insegnami, Mio Dio, come vuoi che sia tua nel modo migliore, affinché sempre ti ami e che mai ti offenda.
È ciò che voglio e chiedo oggi, giorno della mia prima Comunione. Vergine Santissima, l’imploro da te in questo giorno che è la festa di tuo sposo San Giuseppe. Tua figlia che ti ama.”

Josefa parlò con candore di questo atto spontaneo al suo Padre spirituale :

“Quando seppe quello che avevo fatto, scriverà, mi disse che le bambine non dovevano promettere niente, dovevono solo essere molto buone; voleva che stracciassi quel foglio, non lo potevo perché il rileggerlo mi dava tanta consolazione.”

Dopo la Prima Comunione i suoi genitori la mandarano ad imparare il mestiere di sarta al “Fomento del Arte” dove si distinse per la sua abilità e la sua intelligenza.

Ciò che era ammirevole era che Josefa rimaneva la stessa fanciulla candida e semplice, Il cuore unito a Dio in mezzo ad una quarantina di giovani del laboratorio. Pensava al suo Gesù lavorando e niente la distoglieva dalla retta via. Le opportunità di cadute non mancavano :

“Ho avuto molti pericoli nel mondo, scrive Josefa, facendo allusione a quei momenti, ma ho sempre visto che Dio mi custodiva e mi impediva di cadere.”

Josefa attingeva questa forza e questa consolazione alla vera sorgente; cominciava la sua giornata con l’assistere alla Santa Messa dove riceveva la Santa Comunione...

1905

maggio
2° Ritiro: VOTO DI VERGINITÀ

Un secondo ritiro al convento delle Riparatrici, le fece capire il significato della vocazione alla vita perfetta. Il suo confessore l’autorizzò a fare voto di verginità dicendole : “Ora è valido, prima no !”

Ma Josefa ripeteva a Gesù in cuor suo:

“Signore, è da tanto che sono tua, e per sempre !”

A quindici anni, era già un’abile sarta. Gli ordini arrivano così numerosi che apre, con sua sorella Mercedes, un laboratorio di cucito: le qualità di dirigente ed il carattere gioioso di Josefa, fanno sì che presto diventa un luogo dove è gradevole lavorare insieme per una clientela numerosa e spesso esigente !
La felicità illuminava il suo modesto casolare, unito e pacifico, ciò bastava a Josefa. Intanto frequentava la cappella delle Madri del Sacro Cuore della via Leganitos, situata non lontano. Le Madri, colpite dalla modestia e dal raccoglimento di Josefa s’interessarano di lei, poi della sua famiglia e accolsero così le sorelline a scuola.

La dolce Provvidenza preparava l’appoggio per i giorni difficili che non mancheranno di arrivare.

Una prova dolorosa l’aspettava, suo padre e sua madre furono afflitti allo stesso tempo, uno di polmonite, l’altra di tifo. Josefa abbandonò l’ago per curarli e Dio sa tutto ciò che ebbe a soffrire in questa situazione critica. Le risorse mancavano poiché il padre non lavorava più; come far fronte alle spese di malattia?

“Dio permise che questo soccorso ci venisse dal Sacro Cuore. La Degna Madre Superiore di Leganitos ci mandava ogni giorno i nostri pasti : latte, vino, brodo, per mio padre e mia madre.
Come sono state buone le nostre Madri ! Come potrei non amarle ?”

La Beata Madre (Maddalena Sofia Barat) vegliava dal Cielo su questa famiglia provata; le bambine l’implorarono con fiducia quando viderono la loro madre all’estremità. Nel corso di una novena fatta alla sua intercessione, la malata le chiamò d’improvviso durante la notte, dicendo loro : ‘Non piangete più, la Beata è venuta ad assicurarmi che non morrò perché le mie bambine hanno ancora bisogno di me’.
Non ne seppero di più, ma l’indomani, il medico sorpreso dichiarò che il pericolo era sparito e la guarigione non tardò a venire. Anche la salute del padre migliorò per un tempo, sebbene non ricuperasse più la forza di riprendere i suoi diversi mestieri. Josefa decise allora di far vivere i suoi con il suo lavoro.
Intanto nel cuore di Josefa c’era il desiderio, sempre più forte di entrare a far parte della Società del Sacro Cuore come Suora coadiutrice.
Per altro, il suo dovere la tratteneva al focolare, la sua carriera di abnegazione cominciava.

L’attrattiva diventò così forte che a 18 anni Josefa, probabilmente meno necessaria alla sua famiglia, chiese ed ottenne la sua ammissione nella Società; ma quando ne volle parlare a casa, suo padre, così cristiano, le oppose un rifiuto netto e si arrabbiò per la prima volta contro la sua diletta figlia.

Josefa spaventata da questa attitudine insolita, promise di non più parlare di vocazione religiosa, almeno fino alla sua maggioranza. Nell’intervallo, morì la sorellina Carmen all’età di 14 anni.

1910

7 aprile
Morte del padre : assistito dal padre Rubio, diventato protettore ed amico della famiglia.

Josefa dovette provvedere al sostegno della famiglia con il suo lavoro di sarta.
Sua madre gli abbandonò la direzione della casa. Josefa fece prova, col soccorso della grazia, di una grande intelligenza, di un cuore generoso e di una rara energia, nell’oblio completo di lei stessa.
La comunione quotidiana sosteneva le sue forze durante questo periodo di inspirazioni contrastate che si prolungherà per anni.

Poco tempo dopo la morte di suo pare, Josefa ricordò a sua madre l’Appello ricevuto da Dio. Questa, senza opporsi direttamente, la supplicò di differire ancora un poco e, secondo la sua abitudine, Josefa si sacrificò.

1911

Nel frattempo, Mercedes, sua sorella, entra al Noviziato del Sacro Cuore (morta a Montpellier nel 1942).
Fu per Josefa un colpo molto sensibile, era in diritto di passare la prima. Tuttavia, la sua generosità non venne meno; conituò la sua vita laboriosa, cercando di formare l’altra sorella (Angela), ancora molto giovane, per sostituirla nel mestiere di sarta.

1912 – 6 mesi dalle Suore Riparatrici

Febbraio
Padre Rubio conosceva poco la Società del Sacro Cuore e molto quella di Maria Riparatrice. Fu così che Josefa, ubbidiente e fiduciosa, abituata a riconoscere la Volontà divina attraverso il Padre spirituale, si sottopose alla sua proposta di entrare come postulante dalle Suore Riparatrici.
Nessuna tentazione turbava la sua pace; gli umili lavori di cucina erano il suo quotidiano, diceva “le ore passate ogni giorno a sbucciare le patate favorivano la mia vita interiore.”

A questo periodo si ricollega un fatto meraviglioso di cui Josefa custodì il segreto fino alla sua ultima malattia. Era incaricata d’intrattenere una sala ornata di una grande statua della Vergine Maria dei Sette Dolori, vestita secondo l’uso spagnolo. La vergine teneva in mano una corona di spine.

La postulante doveva spazzolare i vestiti e spolverare la statua. Mentre riempiva questo devoto ufficio, vide un luccichio che proveniva dalla corona; un po’ intimorita, si ripromise di parlarne alla responsabile delle novizie; ma non osò ed aspettò. Il fenomeno si riprodusse tre o quattro volte. Josefa ebbe infine l’idea di salire su di un sgabello per esaminare la corona da più vicino e si rese conto che la luce proveniva da una spina che sembrava arroventata. Allo stesso tempo una dolce voce mormorava al suo orecchio:

“Prendi questa spina, figlia mia; più tardi Gesù te ne darà altre”

Tutta tremante, Josefa prese la spina che luccicava e la conservò , infilata su di un’immagine del Bambin Gesù.
Sette mesi sono passati dalla sua entrata come postulante e la data della presa dell’abito fissata al 15 agosto, ma, a questa notizia, sua madre rifiuta netto il suo consenso. Aveva bisogno dell’aiuto della sua primogenita.
Josefa, figlia amorosa, di nuovo si sacrifica, torna a casa e si rimette al lavoro di sarta.

1917

24 settembre
1° tentativo d’ingresso al Sacro Cuore - fallito

Cinque anni dopo il rifiuto della madre ed il ritorno a casa, Josefa che aveva raddirizzato la situazione famigliare, si rivolge alle Madri del Sacro Cuore per chiedere la sua entrata come novizia.
Commosse dalla sua virtù e dalla sua costanza, le Madri accettano di accoglierla nella loro casa di Chamartin…. Tutto era pronto per il suo ingresso per il 24 settembre (Sta Maria delle Grazie)… ma non si presentò!
Il suo buon cuore si era di nuovo arreso alle lacrime della madre; preferì soffrire che far soffrire ….
Ancora due anni passarono .. Ma l’ora di Dio si avvicinava finalmente.

1919

27 luglio
2° tentativo – rifiutato

Josefa rischia un nuovo tentativo e supplica di ammetterla, per l’amor di Dio, alla Società del suo Sacro Cuore, come diceva lei. Questa volta la risposta fù negativa.
Malgrado la sua pena, Josefa sentiva nel fondo del cuore la voce di Gesù che le diceva :

“Insisti e confida in me che sono il tuo Dio”

Ascoltando questo impluso, rinnovò la sua richiesta ricevendo lo stesso rifiuto.

Il 16 settembre, affranta dal dolore, ma non data per vinta, si gettò ai piedi del crocifisso e lo supplicò di aprirle la porta del Sacro Cuore o di levarla da questo mondo, oppure di far svanire questo desiderio in lei, ma che non poteva più vivere così…

Allora, dirà Josefa, mi sembrò che mi mostrasse le sue mani et i sui piedi trafitti e mi dicesse :

“Ti chiedo di soffrire ancora un poco, perché ti voglio Mia”

"Non posso descrivere quello che provai; Gli promisi di vivere solo per amare e soffrire; ma sono così debole, Gesù mio!”

19 novembre

“Quel giorno, nella mia comunione - scrive Josefa - Lo supplicai per il suo Sangue e per le Sue piaghe, di aprirmi la porta della Società che io stessa avevo chiuso: aprila, Gesù mio, te ne supplico, perché sai bene che non chiedo altro che essere la sposa del tuo Sacro Cuore !”

Quella stessa mattina, si recò come al solito al Sacro Cuore di Chamartin per lavoro.

Le Madri l’aspettavano: una lettera era arrivata da Poitiers. Vi si chiedeva, per il Noviziato appena fondato, alcune vocazioni sicure. Avrà Josefa il coraggio di sollecitare in Francia questa ammissione tanto desiderata? Senza esitare, rispose un "sì" generoso e, all’istante, scrisse per postulare.

“Mi sono gettata di nuovo ai piedi di Gesù, e con gli occhi pieni di lacrime e con il cuore ancor più colmo di amore, mi sono offerta ad accettare tutto, mentre provavo in me, malgrado la mia debolezza, un coraggio insolito.”

La mamma sebbene desolata non fa opposizione … Dio toglie gli ostacoli.

Gesù mi prese, e non so come mi trovai nella nostra Casa di S. Sebastiano. Non avevo né denaro, né forze….”

“Non avevo nient’altro che l’amore...”

ma ero al Sacro Cuore ! Io sempre tanto debole, ma Lui sempre lì a sorreggermi ! "

Come farai in un paese di cui non conosci la lingua ?

« Dio mi conduce », rispose semplicemente.
Ed era proprio così !

Gennaio
Ingresso al noviziato del Sacro Cuore di Leganitos (San Sebastian) – Josefa ci trascorre un mese.

Mercoledì 4 febbraio 1920


giorno del suo compleanno, lasciava per sempre la patria, per seguire al di là della frontiera Colui, il cui amore sovrano tutto può chiedere.

 
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